venerdì 29 ottobre 2010

Il teatro

Gli storici parlano, in relazione all'Alto Medioevo, di teatralità diffusa, facendo riferimento a quell'insieme di pratiche ludiche e spettacolari che sono manifestazioni della ritualità religiosa o civile. Portavoce della storia del teatro medievale sono i giullari, che tramandano per via orale un patrimonio gestuale, recitativo e musicale di lontana derivazione classica, a cui si aggiungono elementi nuovi. Il giullare si trova un pò ovunque: presso le corti e le cattedrali, lungo le vie di pellegrinaggio, nelle piazze e nei mercati. Ma nel Medioevo il teatro diviene soprattutto il mezzo più popolare per vivere collettivamente la sensibilità religiosa. Inizialmente è la stessa Chiesa ad avvalersi del cosiddetto ufficio drammatico, una sorta di piccola rappresentazione teatrale recitata in latino relativa a celebrazioni del rito cristiano.
I laici traducono i testi in lingua volgare e conferiscono agli apparati scenici una rilevanza centrale; i temi vengono notevolmente dilatati, comprendendo sia soggetti agiografici (cioè relativamente alla vita dei santi) sia particolarmente leggendari e profani.
In Italia, intanto, trova diffusione la lauda drammatica (la lauda era un genere di poesia volgare impostata sugli schemi metrici e musicali della ballata profana), che trova il suo più celebre episodio in Donna de paradiso di Jacopone da Todi. Col tempo questa forma di dramma assume le caratteristiche proprie della sacra rappresentazione: produce apparati e scenografie sempre più elaborati, amplia il numero dei personaggi e si arricchisce di elementi profani e realistici. Il metro utilizzato è quello dell'ottava narrativa, mentre l'azione viene preceduta da un annuncio e seguita da una licenza, entrambi proferiti da un angelo.

giovedì 28 ottobre 2010

La poesia didattico-morale

Nel corso del XIII secolo, mentre l'Umbria viveva l'esperienza francescana e delle confraternite religiose, l'Italia settentrionale conosce una letteratura in volgare il cui fine, ugualmente religioso, è però affiancato da intenti laici e civili. Questa letteratura didattica è volta all'educazione e all'ammaestramento dei ceti più umili della popolazione. Gli scrittori, dunque, appaiono strettamente legati alla vita civile del tempo e si rivolgono, in un linguaggio semplice e immediato, a un pubblico non colto.
Tra di essi emergono Giacomino da Verona, di cui si hanno scarsissime notizie, e Bonvesin de la Riva (1240 ca - 1315 ca), grazie ai quali la rappresentazione letteraria dell'oltremondo allarga la sua cerchia di fruitori a un pubblico più vasto. In Toscana il più eminente rappresentante della poesia didattico-allegorica è Brunetto Latini (1220 ca - 1294), che scrive Il Tesoro, ampia enciclopedia in lingua d'oil che tratta di storia, scienze naturali, retorica e politica, e Il Tesoretto, un'opera allegorico-enclicopedica in versi, composta in volgare fiorentino e rimasta incompiuta.

mercoledì 27 ottobre 2010

La poesia religiosa

La letteratura religiosa medievale, al di là della singolare esperienza di san Francesco (1182 - 1226), autore del celere Cantico delle creature, noto come Cantico di frate Sole, trova espressione nella cosiddetta lauda, un componimento contenente lodi a Dio, alla Vergine e ai santi, che sembra tragga origine dall'antica liturgia ecclesiastica.
Nell'Umbria del Duecento, tuttavia, la lauda, non più in latino ma in volgare, esce dal ristretto ambito della liturgia ufficiale e si diffonde tra le masse. Essa viene scelta quale strumento espressivo dal più grande poeta religioso di questo periodo, Jacopone da Todi (1236 ca - 1306). La vita del poeta è profondamente segnata dalla sua conversione, avvenuta in seguito alla tragica morte della moglie. Da quel momento egli entra a far parte dell'Ordine francescano schierandosi con gli *spirituali, sostenitori di una rigida osservanza della Regola del frate assisiate, e conducendo un'aspra lotta contro papa Bonifacio VIII, in seguito alla quale subisce la scomunica e la prigionia.

*Spirituali: all'interno dell' Ordine francescano causarono una profonda scissione, opponendosi ai conventuali, che erano inclini a una più libera interpretazione della Regola di san Francesco.

martedì 26 ottobre 2010

La poesia comico-burlesca

Si tratta di un genere poetico che nasce contemporaneamente al dolce stilnovo al quale è deliberatamente antitetico. Mentre gli stilnovisti avevano cercato di trascendere e idealizzare la realtà, cantando sentimenti elevati e utilizzando un linguaggio ricercato ed elegante, questi poeti utilizzano uno stile basso e un linguaggio più spontaneo e colloquiale; inoltre, fanno uso della parodia per stravolgere e ridicolizzare aspetti della realtà. Tali scelte stilistiche sono riconducibili alla produzione goliardica mediolatina, di cui un celebre esempio è rappresentatto dai *Carmina Burana, e a buona parte delle letterature romanze contemporanee (i contrasti fra trovatori, le invettive ecc.).
Il capostipite della poesia comico-realistica è Rustico Filippi (1230 ca - fine Duecento), che nei suoi sonetti ritrae, in toni grotteschi e caricaturali, persone e scene dell'ambiente borghese fiorentino. Personalità interessante e complessa è Cecco Angiolieri (1260 ca - 1313 ca), il cui linguaggio oscilla tra la rudezza gergale e l'utilizzo, in funzione parodistica, di termini dello stile alto. Leggiamo la prima quartina di un suo famoso sonetto, nella quale il poeta spiega quali sono le grandi passioni della sua vita.
Tre cose solamente m'ènno in grado,
le quali posso non ben fornire,
cioè la donna, la taverna e l'dado:
queste mi fanno 'l cuor lieto sentire.
Da ricordare anche Folgore da San Gimignano (vissuto tra XIII e XIV secolo), il quale nelle sue poesie rende momenti tipici della vita cittadina.

venerdì 22 ottobre 2010

La lirica d'amore

Nei primi decenni del Duecento in un ambiente culturalmente vivace e aperto come quello della corte di Federico II di Svevia, sovrano del Regno di Sicilia, nasce la scuola siciliana. La poesia dei rimatori siciliani si ispira alla tradizione lirica provenzale. Tuttavia la grande e rivoluzionaria novità offerta da questi poeti è costituita dall'utilizzo del volgare locale, depurato e nobilitato. Un simile fermento culturale è reso possibile dalla caratteristica figura di Federico II di Svevia (1194 - 1250), imperatore interessato alla filosofia, alle scienze naturali, al diritto, all'astronomia e poeta egli stesso. Federico fa della corte di Palermo un centro di attrazione per i insigni esponenti della cultura europea e mediorientale del tempo. Il cenacolo dei poeti di corte era costituito, oltre che dallo stesso imperatore, da un folto gruppo di funzionari imperiali, tra i quali il notaio Jacopo da Lentini (1210 ca - 1260 ca), il giudice Guido delle Colonne (1210 ca - ?), l'esperto di arti cancelleresche Pier delle Vigne (1190 ca - 1249). Questi poeti, tanto legati agli aspetti pratici della vita di corte, nei loro componimenti non trattano altro tema che l'amore. Per essi la poesia non è strumento di polemica, è semplicemente evasione dalla realtà, raffinato strumento con cui intrattenere l'aristocratico popolo di corte.
Estraneamente lontana dalla realtà statica e rarefatta della monarchia sveva è quella dinamica e instabile dei Comuni toscani. La personalità più rappresentativa del gruppo dei rimatori toscani è quella di Guitone d'Arezzo (1235 ca - 1294). la sua vita si divide in due parti, segnate dalla conversione del poeta a vita religiosa. Il suo Canzoniere riflette tale distinzione: la prima parte comprende liriche di contenuto amoroso, la seconda componimenti di ispirazione religiosa, politica e civile.
In evidente polemica con la lirica guittoniana si pone Dante nel XXIV canto del Purgatorio, allorquando espone a Bonagiunta Orbicciani la poetica del gruppo di poeti fiorentini di cui faceva parte, che egli stesso definisce dolce stilnovo. Il dolce stilnovo rappresenta, infatti, un insieme di esperienze, i cui protagonisti si distaccano nettamente sia dalla tradizione siculo-provenzale sia da quella guittoniana. Essi sono, oltre al bolognese Guido Guinizelli (1230 ca - 1276), i fiorentini Guido Cavalcanti (1250 ca - 1300), Dante Aligheri, Lapo Gianni (1250 - 1328), Dino Frescobaldi ((1271 - 1316) e Cino de' Sigibuldi (1270 ca - 1336/7), originario di Pistoia.
Sul piano dei contenuti, gli stilnovisti desumono dalla precedente tradizione lirica il tema dell'amore cortese, vivendolo alla luce di una rinnovata sensibilità. La donna è vista come un essere angelicato, una creatura a metà strada tra il terreno e il divino, dispensatrice di serenità e ispiratrice di perfezione morale.
Connotati del tutto nuovi assumerà Laura, la donna cantata nel Canzoniere di Francesco Petrarca.

Memorialistica e storiografia

La prosa volgare del Due-Trecento è anche il principale mezzo espressivo della produzione memorialistica e storiografica. Particolare diffusione conseguono le cronache che raccontano eventi riguardanti città, regioni, ambienti e si dilungano sui fatti che il compilatore ha vissuto da vicino.
Tra queste spiccano la Cronica di Salimbene de Adam (1221 - 1287) e quelle di Dino Compagni e Giovanni Villani.
Un caso a sé nel genere della memorialistica è il Milione di Marco Polo.

giovedì 21 ottobre 2010

Il romanzo medievale

Il genere che maggiormente aveva caratterizzato la letteratura in lingua d'oil era stato il romanzo (il termine deriva dall'aggettivo francese romanz), narrazione in versi di argomento antico o cavalleresco, così denominata perchè si presentava come la forma per eccellenza della nuova lingua romanza. Quanto in primo luogo definiva il nuovo genere era il racconto ad ampio respiro, riferito non a imprese militari collettive, ma ad avventure di singoli individui o di piccoli gruppi di cavalieri.
Tra Duecento e Trecento si tende a mettere in prosa la materia romanzesca. E nello stesso periodo si verifica il trasferimento del romanzo francese in volgare italiano: soprattutto in area toscana si producono traduzioni e riadattamenti che giungono ad affascinare con le loro tematiche amorose un nuovo pubblico di lettori aristocratici e borghesi.
In Italia Giovanni Boccaccio, ricollegandosi da un lato alla tradizione francese e dall'altro a quella del romanzo ellenistico, dà vita al suo Filoloco, romanzo in prosa, in cui l'autore, prendendo le mosse dal poema francese Florio e Biancifiore, amplia la narrazione, conferendole uno stile e dei caratteri assolutamente inediti e originali.
L'altro romanzo in prosa di Boccaccio è l'Elegia di Madonna Fiammetta.

mercoledì 20 ottobre 2010

La novella

Con il Novellino, una raccolta di brevi racconti di autore ignoto risalente alla fine del Duecento, inizia ad acquistare progressivamente identità un nuovo genere letterario: la novella.
All'intento esemplare di anedotti religiosi e di edificazione socio-morale, tipico degli *exempla, si accosta ora il gusto di narrare delle storie (solitamente inserite in cornici più ampie) per il semplice intrattenimento del lettore o uditore.
I massimi risultati del genere si raggiungeranno nel Trecento con il Decameron di Giovanni Boccaccio.
Risalente alla fine del XIV secolo è, invece, il Trecentonovelle, una raccolta del mercante fiorentino Franco Sacchetti (1332 ca - 1400).

*exempla: raccolte di anedotti, apologhi, detti e fatti degni di memoria, attribuiti a personaggi famosi del mondo classico o di età più recenti. Contenevano norme morali, sociali, religiose e di comportamento che si traducevano in situazioni e azioni esemplari.

lunedì 18 ottobre 2010

I trattati di retorica

Nel XIII secolo Bologna, sede della celebre università, diventa il centro propulsore dell'insegnamento della retorica in volgare. Qui Guido Faba, maestro di retorica e notaio vissuto nella prima metà del secolo, scrive in latino molti manuali di *artes dictandi, ma soprattutto due opere: la Gemma purpurea e i Parlamenta et epistolae, nelle quali, accanto a esempi di retorica in latino, ne inserisce alcuni in volgare.
A Firenze Brunetto Latini (1220 - 1295) scrive la Rettorica, volgarizzamento dei primi capitoli De Inventione di Cicerone. Alla traduzione l'autore affianca un ampio commento, dove mette in luce il legame esistente tra gli insegnamenti della retorica e la loro funzione politica. Ma la sua opera testimonia soprattutto l'affermarsi del culto del bel parlare, del discorso ben costruito, elegante e funzionale, che non risponde solo a esigenze di tipo pratico e utilitaristico, ma si compiace del proprio decoro esteriore.

*Artes dictandi: manuali di retorica o meglio di modelli di stile epistolare e oratorio, usato nelle scuole medievali.

venerdì 15 ottobre 2010

La lingua

Contemporaneamente alla nascita dei regni romano-barbarici, fanno la loro comparsa, sullo scenario culturale europeo, le * lingue neo-latine o romanze (italiano, francese, provenzale, catalano, spagnolo, portoghese, ladino, rumeno).
L'esistenza di un latino parlato, utilizzato quotidianamente dal popolo e diverso dal latino classico, è attestata già in età repubblicana. Questo processo subisce un'accelerazione dopo il crollo dell'Impero: il latino volgare, a seguito dei contributi lingustici apportati dai popoli invasori, perviene al prodotto finito delle lingue romanze.
Al Concilio di Tours (813), graze alla volontà di Carlo Magno, si prende atto della necessità di far giungere il messaggio cristiano a tutti gli strati della popolazione.
In Italia il primo scritto che presenti elementi di lingua volgare è dato dal noto indovinello veronese, databile tra VIII e IX secolo. Le testimonianze più significative dello sviluppo del volgare sono rappresentate, tuttavia, dai quattro placiti campani. Il più importante di essi, il placito capuano, risale al 960 e riguarda una questione giuridica relativa all'Abbazia di Montecassino.
Tuttavia questa presa di coscienza dell'esitenza del volgare non corrisponde a una sua immediata ufficializzazione, nè impediscce alla lingua latina di conservare l'indiscussa prerogativa di lingua ufficiale.


* Neo-latine: le lingue derivate dal latino, dette anche romanze (dall'espressione romanice loqui, che indicava il linguaggio delle popolazioni romane, o romanizzate, in contrapposizione a quello dei Germani).

lunedì 11 ottobre 2010

Il pensiero filosofico

Nel Medioevo le opere filosofiche (sia le *summae di carattere enciclopedico ch gli scritti della corrente mistica) rispecchiarono sempre la propria ispirazione religiosa.
Di una corrente mistica è testimonianza fondamentale l'opera di san Bonaventura da Bagnoreggio (1217 ca - 1274), francescano che, criticando il razionalismo aristotelico, nelle sue opere (tra cui l'Itinerarium mentis in Deum) vuole dimostrare come il mezzo più sicuro per accostarsi a Dio sia la fede, lo slancio mistico, e come la ragione non sia altro che un mezzo per elevare l'uomo e renderlo più idoneo alla contemplazione della luce infinita.
All corrente razionalistica appartengono, invece, gli scritti di san Tommaso d'Aquino (1225 ca - 1274), filosofo e teologo che nella Summa theologiae si adopera per accostare la filosofia aristotelica alla religione cristiana, senza tuttavia porre in dubbio i dogmi rivelati che, senza la nostra ragione non può dimostrare, è certamente in grado di difendere da incertezze e obiezioni.

* Summae: trattazioni sistematiche di un campo del sapere, elaborate tra XII e XIII secolo

giovedì 7 ottobre 2010

La figura dell'intellettuale

Nel medioevo è la Chiesa a detenere il monopolio nella gestione dell'intero patrimonio culturale: i monasteri sono i più importanti luoghi della cultura medievale, non solo per il valore dei loro scriptoria (luoghi in cui i monaci amanuensi svolgevano il prezioso ufficio di trascrizione dei codici manoscritti), ma anche per l'attività educativa svolta dalle loro scuole e per i contatti che essi instauravano tra loro e con i centri di potere politico più inclini alle attività culturali.
In questo periodo la figura dell'intelletuale si identifica dunque con quella del clericus, dell'ecclesiastico.
Una svolta decisiva nella storia delle istituzioni culturali del Medioevo, si verifica solo nel XII con la nascita delle università. Esse traggono origine dall'esperienza degli studia urbani (in Italia i più importanti sono quelli di Bologna e Salerno, in Francia le scuole di Parigi), che tra il XII e il XIII secolo definiscono giuridicamente il proprio carattere di istituzioni pubbliche, costituendo organismi di livello superiore, gli studia generalia. Compare così un nuovo tipo di intellettuale: il docente, che può essere anche laico.
Nel'Italia del Duecento e del Trecento, nel generale clima di disgregazione politica, Firenze appare il centro culturale più prestigioso sebbene numerosi scrittori per ragioni diverse se ne allontanino (da Dante a Petrarca, a Boccaccio). Percorrendo l'intera penisola, essi assolvono a una funzione di primo piano nella diffusione dei modelli letterari fiorentini, che, fondamentalmente, riprendono schemi duecenteschi e danteschi, sviluppano generi di tipo popolare come i cantari (componimenti in ottava rima, che venivano recitati nelle piazze cittadine) o forme della letteratura devota. Muta lentamente anche l'immagine sociale dello scrittore che non si ritiene più vincolato a un pubblico in particolare e può offrire la propria opera a destinatari diversi, da quelli comunali e cittadini a quelli aristocratici e cortigiani delle nuove Signorie.
Contrapposta a questa figura è quella dell'intellettuale municipale, ben radicato nella vita cittadina, che persiste soprattutto in Toscana. Il poeta toscano non è il cortigiano raffinato o l'attento burocrate, ma un cittadino emotivamente coinvolto nelle vicende della propria città, con idee e passioni prprie, pronte a essere riversate in una produzione poetica che affronta anche argomenti religiosi, politici e civili.

mercoledì 6 ottobre 2010

Il contesto culturale

La nascita della nostra produzione letterria si colloca solitamente agli inizi del XIII secolo in concomitanza con la comparsa delle prime opere in volgare (nella lingua, cioè, parlata dal popolo e contrapposta al latino, utilizzato da una ristretta cerchia di intellettuali). Da tempo l'Italia godeva di una gloriosa tradizione classica alla quale andavano ad aggiungersi, da un lato, il ricco patrimonio della cultura medievale, dall'altro le recenti letterature provenzale e in lingua d'oil, che in breve tempo avevano influenzato la cultura europea. A partire dal secolo XIII, dunque, la letteratura prodotta in Italia, scritta non più in latino ma in volgare, per la prima volta si rivolge a un pubblico nazionale del quale intende esprimere idee e gusti.
Im Umbria la generale atmosfera di rinnovamento religioso e la straordinaria personalità di san Francesco d'Assisi danno vita al Cantico delle creature, uno dei primi documenti in volgare della nostra tradizione letteraria. Nell'Italia settentrionale e in Toscana fioriscono rispettivamente la poesia didattica e allegorico-didattica: la prima, prodotta da cherici e uomini di legge, è finalizzata a fornire precetti religiosi, morali e sociali; la seconda interpreta la volontà dei ceti borghesi in ascesa di imitare i modi di vita e le concezioni tipiche delle classi aristocratiche. Più o meno contemporaneamente c'è la nascita, presso la corte di Federico II di Svevia, della scuola siciliana, con la quale ha origine la prima poesia d'arte in volgare.
In Toscana Guittone d'Arezzo aggiunge ai contenuti amorosi della lirica siciliana motivi politici e civili. Alla fine del secolo XIII a Firenze poeti come Guido Guinizelli, Guido Cavalcanti e Dante Aligheri danno vita alla corrente poetica dello stilnovo. Ma l'età comunale è soprattutto l'epoca in cui si collocano tre grandi protagonisti della nostra storia letteraria come Dante, Petrarca e Boccaccio.

martedì 5 ottobre 2010

La nascita delle università

Una svolta decisiva nella storia delle istituzioni culturli del Medioevo si verifica nel XII secolo con la nascita delle università. Esse traggono origine dall'esperienza degli studia urbani (in Italia i più importanti sono quelli di Bologna e Salerno, in Francia le scuole di Parigi) che tra il XII e il XIII secolo definiscono giuridicamente il proprio carattere di istituzioni pubbliche, costituendo organismi di livello superiore, gli studia generalia.
Oltre alle università di Bologna e Parigi, le più celebri e frequentate, si ricordano quelle di Padova (sorta nel 1222 al seguito di una secessione dall'Università bolognese) e di Napoli (fondata nel 1224 dall'imperatore Federico II).
Le università (il nome deriva da universitas magistrorum et scholarium, cioè totalità dei maestri e degli studenti, organizzati in corporazioni che ottengono particolari benefici giuridici ed economici dalle città), completano la preparazione superiore attraverso l'insegnamento della teologia, del diritto, della medicina, delle arti liberali e concedono la licenza di insegnamento, cioè la laurea: di fatto, organizzano i quadri professionali necessari al nuovo sviluppo della civiltà.

lunedì 4 ottobre 2010

La società

Il fenomeno del feudalesimo ha inizio nell'epoca di Carlo Magno. L'imperatore, per ricompensare i guerrieri che l'avevano fedelmente sostenuto durante le sue conquiste, assegnava loro porzioni di territorio (dette appunto feudi) che in breve divennero ereditari e tali si mantennero anche dopo la caduta del Sacro Romano Impero.
La miriade di domini feudali che costellavano i territori europei si reggeva grazie all'assenza di un potere centrale che vietasse ai vari signori di governare autonomamente i propri possedimenti e di assegnare, a loro volta, successive porzioni di territorio a chi avrebbe poi fatto altrettanto. La società medievale si riteneva distinta in tre ordini, secondo il disegno divino: i bellatores, gli oratores e i laboratores, corrispondenti rispettivamente all'aristocrazia feudale, dedita all'esercizio delle armi, al clero e ai contadini.
Nel corso dei secoli XII e XIII si afferma la società comunale, che vede come principale artefice della propria straordinaria espansione economica una nuova figura professionale, quella del mercante. All'economia chiusa di stampo feudale si sostituisce, infatti, l'economia urbana, fondata sullo scambio e sulla rapida e intensa circolazione di capitali. Le nuove classi mercantili e artigiane si organizzano in speciali corporazioni dette Arti, che nascono come associazioni private costituite da individui che operano nello stesso settore di attività. La nobiltà, dal canto suo, continua a detenere il controllo politico e militare sulla società. Intanto, l'estrema complessità dei rapporti istituzionali e politici che caratterizzano i Comuni italiani dà luogo a innumerevoli scontri tra città e città. Basti pensare alla nascita dei due partiti dei guelfi e dei ghibellini, parallelamente all'ostilità sorta tra la Chiesa e l'imperatore Federico II.
Ai primi del Trecento la generale ondata di crescita demografica e di progresso economico che aveva coinvolto l'Europa a partire dall'anno Mille subisce un brusco arresto. Numerose carestie interrompono il ritmo della produzione agricola e il diffuso stato di sottonutrizione agevola il propagarsi di malattie ed epidemie. La più terribile colpisce l'Europa nel 1348. In Italia, alla peste, si aggiunge un'interrotta catena di guerre, provocate nel sud dalla ricorrente anarchia feudale, nel centro e nel nord dalla politica espansionistica delle emergenti Signorie.

venerdì 1 ottobre 2010

Il contesto storico

Nel 476 d.C. la definitiva dissoluzione dell'impero romano d'Occidente, dà luogo ai regni romano-barbarici. I popoli invasori introducono leggi, costumi, mentalità e contributi linguistici assolutamente sconosciuti, determinando la nascita di nuove civiltà.
Dal canto suo la Chiesa ricopre un ruolo politico di notevole incidenza. Nel IX secolo, infatti, Carlo Magno tenta di riportare in vita l'unità e la gloria dell'Impero nel contesto di una nuova Europa cristiana; il suo progetto, però, si dimostra di breve durata: il Sacro Romano Impero si dilegua appena dopo la sua morte.
In tal modo, il panorama politico europeo resta estremamente frammentato e costituisce la base ideale per lo sviluppo del feudalesimo.
Tra XII e XIII secolo si assiste in Italia alla nascita dei Comuni, inedite strutture istituzionali che si svincolano tanto dall'autorità imperiale quanto dai poteri feudali. Ma già ai primi del Trecento, soprattutto nel centro - nord della penisola, ai Comuni si sostituiscono le Signorie, che vedono alla guida del governo cittadino i signori locali.