venerdì 22 ottobre 2010

La lirica d'amore

Nei primi decenni del Duecento in un ambiente culturalmente vivace e aperto come quello della corte di Federico II di Svevia, sovrano del Regno di Sicilia, nasce la scuola siciliana. La poesia dei rimatori siciliani si ispira alla tradizione lirica provenzale. Tuttavia la grande e rivoluzionaria novità offerta da questi poeti è costituita dall'utilizzo del volgare locale, depurato e nobilitato. Un simile fermento culturale è reso possibile dalla caratteristica figura di Federico II di Svevia (1194 - 1250), imperatore interessato alla filosofia, alle scienze naturali, al diritto, all'astronomia e poeta egli stesso. Federico fa della corte di Palermo un centro di attrazione per i insigni esponenti della cultura europea e mediorientale del tempo. Il cenacolo dei poeti di corte era costituito, oltre che dallo stesso imperatore, da un folto gruppo di funzionari imperiali, tra i quali il notaio Jacopo da Lentini (1210 ca - 1260 ca), il giudice Guido delle Colonne (1210 ca - ?), l'esperto di arti cancelleresche Pier delle Vigne (1190 ca - 1249). Questi poeti, tanto legati agli aspetti pratici della vita di corte, nei loro componimenti non trattano altro tema che l'amore. Per essi la poesia non è strumento di polemica, è semplicemente evasione dalla realtà, raffinato strumento con cui intrattenere l'aristocratico popolo di corte.
Estraneamente lontana dalla realtà statica e rarefatta della monarchia sveva è quella dinamica e instabile dei Comuni toscani. La personalità più rappresentativa del gruppo dei rimatori toscani è quella di Guitone d'Arezzo (1235 ca - 1294). la sua vita si divide in due parti, segnate dalla conversione del poeta a vita religiosa. Il suo Canzoniere riflette tale distinzione: la prima parte comprende liriche di contenuto amoroso, la seconda componimenti di ispirazione religiosa, politica e civile.
In evidente polemica con la lirica guittoniana si pone Dante nel XXIV canto del Purgatorio, allorquando espone a Bonagiunta Orbicciani la poetica del gruppo di poeti fiorentini di cui faceva parte, che egli stesso definisce dolce stilnovo. Il dolce stilnovo rappresenta, infatti, un insieme di esperienze, i cui protagonisti si distaccano nettamente sia dalla tradizione siculo-provenzale sia da quella guittoniana. Essi sono, oltre al bolognese Guido Guinizelli (1230 ca - 1276), i fiorentini Guido Cavalcanti (1250 ca - 1300), Dante Aligheri, Lapo Gianni (1250 - 1328), Dino Frescobaldi ((1271 - 1316) e Cino de' Sigibuldi (1270 ca - 1336/7), originario di Pistoia.
Sul piano dei contenuti, gli stilnovisti desumono dalla precedente tradizione lirica il tema dell'amore cortese, vivendolo alla luce di una rinnovata sensibilità. La donna è vista come un essere angelicato, una creatura a metà strada tra il terreno e il divino, dispensatrice di serenità e ispiratrice di perfezione morale.
Connotati del tutto nuovi assumerà Laura, la donna cantata nel Canzoniere di Francesco Petrarca.

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